Le api da miele non sono solo indicatori della qualità ambientale, ma anche della presenza di patogeni umani presenti nell’aria. Lo ha dimostrato uno studio BeeNet effettuato al Centro Agricoltura Ambiente del CREA di Bologna che ha individuato la presenza di SARS-Cov-2 sulla superfice del corpo delle api.
Durante le prime fasi della pandemia da Covid, alcuni lavori scientifici avevano acceso i riflettori sulla relazione tra la circolazione del virus e le polveri sottili disperse in aria. Questa linea di ricerca ha ispirato lo studio effettuato in ambito BeeNet: verificare se le api potessero intercettare il virus durante il loro volo.
La prova è stata condotta nell’apiario sperimentale del CREA in una giornata soleggiata di fine inverno (18 marzo 2021) durante il picco della terza ondata di pandemia e nel momento di maggior volo delle api. L’apiario era posizionato nella periferia cittadina, e l’area di volo (nella foto) era occupata per il 90% da superfici artificiali.
All’ingresso delle arnie i ricercatori hanno posto dei tamponi ravvicinati di modo che gli insetti, rientrando, vi depositassero sopra particelle o altri materiali catturati dal loro corpo. Tutti i tamponi posizionati sono risultati positivi a SARS-Cov-2, segno che il virus è disperso su particelle e aeresol. Al contrario, i campionamenti effettuati all’interno dell’alveare (passaggio di tamponi sulla superficie dei favi di cera e prelievo di 2 grammi di polline dentro le cellette) non hanno mostrato traccia dell’RNA virale, a conferma che l’ambiente interno dell’alveare è estremamente asettico.
Questa prova dimostra che le api – giù utilizzate come sonde mobili per il rilevamento di pesticidi, metalli pesanti, fitopatogeni, radionuclidi – possono servire anche come bioindicatori di patogeni umani aereodispersi come il virus responsabile della Covid. Si stima che un’ape sia in grado di volare un volume d’aria di circa 0,16 metri cubi in un giorno, per cui un alveare con 2.000 api esploratrici può intercettare quotidianamente circa 320 metri cubi di aria, un valore superiore rispetto a una stazione automatica di monitoraggio ambientale che, secondo le norme europee ha una capacità di campionamento di 55,2 metri cubi al giorno.
“I risultati incoraggiano a proseguire questa ricerca, che può essere rilevante per la salute pubblica, contribuendo a migliorare la nostra capacità di prevedere ondate epidemiche anche meno gravi di quella da Covid-19, come quelle della comune influenza stagionale – ha spiegato Antonio Nanetti, ricercatore CREA-AA e responsabile della ricerca patogeni nella rete BeeNet – Occorre però individuare i limiti di sensibilità di questo metodo nei confronti di vari patogeni aerodispersi, anche in rapporto alle variabili ambientali”.
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Monitoraggio ambientale con le api