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24 Febbraio 2023

Un nuovo modo per vedere il DNA delle api

Classificare e individuare le varie di api con analisi genetiche è una delle attività fondamentali in BeeNet, uno strumento indispensabile per la tutela della biodiversità. Ora, una ricerca specifica del progetto ha messo a punto un nuovo tipo di analisi del DNA per determinare la specie di un’ape: una modalità che sarà utile alla comunità scientifica anche oltre il progetto BeeNet.

Per identificare le api presenti in natura è necessario infatti possederne l’identikit genetico. Questo è spesso custodito negli esemplari entomologici che si trovano in collezioni e musei: insetti catturati nel passato e conservati in apposite teche per il loro valore.

Le tecniche e tecnologie genetiche standard sono in grado di sequenziare il DNA di questi esemplari ma ad un prezzo: perdere, totalmente o parzialmente, il campione. Per ovviare a questo ostacolo già nel 2007 un team di ricercatori statunitensi dell’Università dell’Arizona e del California Academy of Sciences, un ente di ricerca e museo di San Francisco, aveva sviluppato un metodo per prelevare il DNA mitocondriale – presente cioè in alcuni specifici organelli cellulari - senza distruggere il corpo degli insetti, dei coleotteri. Il metodo prevedeva di immergere gli esemplari in un’apposita miscela chimica per poter estrarre il DNA.  Sfortunatamente, la tecnica, utile per i coleotteri, è inapplicabile per le api perché le sostanze utilizzate decolorano e modificano i peli dell’insetto, eliminando così un importante elemento descrittivo per la tassonomia.

I ricercatori BeeNet hanno quindi modificato la metodologia per adattarla al mondo degli apoidei, testandola su una settantina di esemplari raccolti in Italia in un periodo dal 1994 al 2021. L’obbiettivo dello studio è stato quello di valutare l’estrazione del DNA da apoidei presenti in collezioni entomologiche mediante l’uso di un tampone imbevuto con una miscela di sostanze chimiche – da strofinare ripetutamente con cautela nella parte inferiore delle api.

I campioni comprendevano esemplari appartenenti a 9 specie distinte appartenenti a 8 generi diversi di api selvatiche (Bombus, Halictus, Lasioglossum, Andrena, Megachile, Osmia, Ceratina, Xylocopa). L’analisi, i cui risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports – rivista del gruppo Nature -  ha confermato di non produrre danni al campione e ha permesso la corretta identificazione di 8 specie su 9. L’eccezione ha riguardato l’ape carpentiera nana (Ceratina cucurbitina), un animale particolarmente piccolo (6-9 mm) e probabilmente difficile da trattare manualmente con il tampone.

Il metodo è dunque estremamente promettente, tanto da essere stato appena utilizzato con successo in una ricerca del CREA-AA per identificare anche una nuova specie di ape, mai descritta prima (Trachusa vietnamensis, un megachilide asiatico).

Una volta appurata la sua efficacia su un numero maggiore di specie, questo metodo potrebbe diventare uno standard per determinare anche specie di api rare di numerose collezioni museali con la possibilità di non rovinarle e di fornire informazioni ecologiche, tassonomiche e filogenetiche anche su esemplari di api estinte.

 

Monitoraggio ambientale con le api


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