Immaginate un mondo in cui gli antibiotici non funzionano più: accadrebbe se i batteri patogeni diventassero resistenti ai farmaci progettati per annientarli. Ed è l’incubo che la medicina vuole scongiurare: l’antibiotico-resistenza è la più importante priorità per la salute secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.
Cosa c’entrano le api da miele? Facciamo un passo indietro: negli ultimi anni il fenomeno della resistenza agli antibiotici è aumentato notevolmente a causa dell’eccessivo uso di questi farmaci in medicina, in zootecnia e in agricoltura: l’ambiente creato dall’uomo, così ostico alla vita dei batteri, sta naturalmente selezionando la sopravvivenza degli organismi geneticamente immuni – talvolta resistenti contemporaneamente a più antibiotici - che si diffondono anche in virtù dei viaggi e degli spostamenti internazionali. Nel mondo stanno nascendo sistemi di sorveglianza di questi batteri (nell’UE esiste un sevizio specializzato, l’EARS-Net, facente capo al Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie) che però sono limitati ai contesti sanitari, dato che le infezioni resistenti agli antibiotici si diffondono spesso all’interno di ospedali e di altre strutture analoghe. Servono però anche sistemi che definiscano quali batteri resistenti esistano nell’ambiente.
Ecco, dunque, a cosa servono le api da miele: grazie alla loro capacità di effettuare migliaia di campionamenti nell’ambiente – e di essere monitorabili in uno solo punto, l’alveare - questi insetti sono utilizzati da anni per il monitoraggio di parametri ambientali. I ricercatori del progetto BeeNet – in collaborazione con quelli del Dipartimento di scienze veterinarie dell’Università di Bologna – hanno deciso dunque di utilizzare alcune centraline della rete Api Mellifere, in Emilia-Romagna, per valutare la possibilità di usare le api da miele nel monitoraggio della resistenza agli antibiotici dei batteri nell’ambiente.
Sono stati dunque isolati i batteri presenti sulla superficie e nell’intestino delle api raccolte in 33 colonie di api dislocate nelle diverse province in Emilia e in Romagna. Sono stati presi in considerazione 608 ceppi, esaminati per valutare la loro resistenza a 19 tipi diversi di antibiotici. I risultati sono stati impressionanti: più della metà dei ceppi batteri in otto province su nove – fa eccezione Ferrara – sono immuni all’azione della penicillina e dell’amoxicillina. In generale il 98% circa dei batteri isolati è risultato antibiotico-resistente e quasi il 75% dei ceppi rientra nella categoria “multidrug”, resistente cioè a più antibiotici. Si tratta di resistenze formatesi nell'ambiente circostante l'alveare: l'ipotesi che si siano sviluppate in apicoltura è impossibile, dato che in Europa l'uso degli antibiotici è proibito nell'allevamento di api.
Al di là dei numeri rilevati, lo studio – pubblicato sulla rivista scientifica Transboundary and Emerging Disease - ha dimostrato come le api possano efficacemente misurare il polso ambientale della antibiotico-resistenza. Anche se serviranno ulteriori studi per definirlo, i ricercatori ritengono che il biomonitoraggio con le api possa rilevare anche le differenze geografiche nell’uso degli antibiotici in un determinato territorio.
Monitoraggio ambientale con le api